la Pala alla Romana è ottima per aperitivo tra amici, feste, compleanni. la dimensione ci permette di gestire 2 gusti per teglia, in modo da avere più possibilità di degustazione.
PER QUESTO PRODOTTOSI RICHIEDE LA PRENOTAZIONE
Origini antiche, quelle della pinsa romana, che ci riportano ai fasti dell’antica Roma. Si trattava di un piatto di recupero per le famiglie che lavoravano la terra e che non avevano molto altro da mettere in tavola.
Il termine “pinsa” dal latino “pinsère”, che vuol dire allungare. Questo ricorda perfettamente la lavorazione dell’impasto, schiacciato e “allungato” (la pinsa ha una forma quasi rettangolare, rispetto alla classica pizza rotonda) per poi essere infornato. La caratteristica principale che ha reso la teglia romana nota in tutta Italia (e anche all’estero) è la consistenza croccante all'esterno e morbida all'interno. cosa che crea un equilibrio perfetto tra croccantezza e sofficità. La base, per la quale si utilizzano diverse tipologie e mix di farine, è sottile e leggermente oleosa.
La teglia romana può accogliere una varietà di condimenti e, anche sotto questo profilo, si è evoluta molto nel corso degli anni, andando oltre le ricette tradizionali e facendo propria una certa sperimentazione.
La particolare lavorazione dell'impasto, circa 26 ore di lievitazione, farine di pregio macinate a pietra, tanta idratazione e poco lievito, fanno in modo da renderlo altamente digeribile.
Un prodotto eccellente da gustare a qualsiasi ora del giorno.
La nostra pinsa è di forma rettangolare, porzione per una persona e si può consumare sul posto seduti su comodi sgabelli, oppure gustarla comodamente a casa, in alternativa usa le app di Glovo o Deliveroo
Non è solo un ballo! E' una tecnica di cottura che sovrappone due impasti con dentro una farcitura a piacere.
Viene cotta in teglia e può essere salata o dolce.
Immaginatela con un ripieno di ............
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E qui si apre una diatriba lunga secoli tra la sicilia orientale e quella occidentale. Palermo contro Catania contro Messina contro Trapani, e chi più ne ha più ne metta.La realtà è solo una. Comunque vogliate chiamare questo prodotto tipicamente Siciliano, sappiate che lo ritengo un' eccellenza della cucina italiana.
noi lo produciamo artigianalmente con una variante di gusti:
Ragù di carne, burro, cacio e pepe.
Come sappiamo e come si trovano in giro per tutto il territorio, anche estero, le varianti sono ormai infinite. (Anche dolci).
farina di ceci impastata con acqua e cotta; così com'era
consumata dai greci.
*Si tratta di un piatto tipico della tradizione ligure[1], dove fu importato nel Medioevo dalla Repubblica Marinara di Genova, grazie ai contatti commerciali col mondo arabo e successivamente si è diffusa anche in altre parti dell'Italia: Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Sardegna; è presente anche a Buenos Aires, in Argentina e a Montevideo, in Uruguay, dove è conosciuta come fainá.
È riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale ligure e toscano.
Ha radici assai antiche: diverse ricette latine e greche riportano sformati di purea di legumi, cotti in forno. I ceci erano ben noti anche nel mondo arabo: è opinione diffusa che siano stati i commerci delle Repubbliche Marinare di Pisa e Genova ad importare in Italia, nel Medioevo, l'abitudine all'impiego di questo legume nello stile alimentare, tramutandolo poi in quella che oggi è la farinata.La più antica notizia scritta sulla farinata è un decreto della Repubblica di Genova risalente al 1447, in cui si vietava l'uso di olio di bassa qualità.
Secondo una diffusa credenza, la nascita della farinata risalirebbe a quando le galee genovesi, cariche di vogatori prigionieri, si trovarono coinvolte in una tempesta dopo aver sconfitto Pisa nella battaglia della Meloria. Nel trambusto alcuni barilotti d'olio e dei sacchi di ceci si sarebbero rovesciati, inzuppandosi di acqua salata. Poiché le provviste erano in buona parte perdute, si narra che ai marinai venisse proposta una purea di ceci e olio. Alcuni marinai avrebbero rifiutato la poltiglia lasciandola al sole, che asciugando si sarebbe trasformato in una specie di frittella che, assaggiata il giorno successivo dai marinai, sarebbe stata giudicata una prelibatezza. In seguito i genovesi avrebbero migliorato la purea cuocendola in forno e, per schernire gli sconfitti l'avrebbero chiamata "oro di Pisa".
*Fonte: WIKIPEDIA.